OMEOPATIA E ODONTOIATRIA

“Studiare l’omeopatia è avvicinarsi all’anima del paziente”

Non è stato facile, per chi ha compiuto gli studi universitari, dove l’omeopatia, non è stata insegnata, né conosciuta e spesso osteggiata, comprendere come alcuni rimedi naturali possano, in dosi infinitesime, o addirittura in dosi “fantasma” , cioè al di sotto del numero di Avogadro, potessere avere effetto ed essere efficaci sul sistema corpo-anima-psiche in una visione olistica dell’essere vivente che abitualmente chiamiamo “paziente”. Si è trattato per me di una piccola rivoluzione, poiché da una medicina basata su farmaci efficaci secondo una dose ponderale sono passato ad una medicina di tipo “vibrazionale” in cui i rimedi si potevano “testare”, con macchine sofisticate o semplicemente chiedendo al corpo del paziente, mediante test kinesiologici, quale rimedio fosse efficace per lui. Una rivoluzione che ha coinvolto tutto il mio essere, aprendomi la mente ad una visione plastica e non rigida della realtà medico-scientifica, ad una maggiore capacità di ascolto del paziente in toto, e non solo dei suoi sintomi, offrendomi così un’arma efficace, innocua e naturale per accompagnare la malatttia presente nel paziente fino alla sua risoluzione naturale.
In questa sfida con me stesso, non sono diventato “un estremista” della medicina alternativa.. tanto che la preferisco definire “complementare” ad altre terapie farmacologiche tradizionali che restano pur sempre un pilastro utile in alcuni casi clinici. Il principale risultato di questo mio cammino di formazione professionale è stata la duttilità, e, come un arciere che estrae di volta in volta dalla sua faretra la freccia giusta per raggiungere il bersaglio, così a seconda del paziente, della patologia, o dell’essere vivente che mi trovo davanti, applico diverse terapie odontoiatriche, utilizzando tutte le armi a mia disposizione, compresa la terapia omeopatica che è diventata una freccia importante per risolvere le patologie odontoiatriche e non dei miei pazienti. Lungi dall’entrare nella discussione sull’efficacia della terapia omeopatica, so per esperienza personale che funziona egregiamente in accompagnamento alla preparazione, durante o nel periodo post-operatorio degli interventi terapeutici eseguiti. I risultati sono empirici ed evidenti, con soddisfazione sia da parte dei pazienti che sperimentano in prima persona l’efficacia della terapia omeopatica sia da parte mia che offro la mia umile scienza al servizio di chi è sofferente..

L’odontoiatria infatti rappresenta uno dei settori dove l’intervento con rimedi omeopatici può sostituire felicemente, e spesso vantaggiosamente, l’impiego di antibiotici, antiflogistici e analgesici nella pratica corrente. Si tratta infatti di un ambito quasi altrettanto facile, per l’omeopata, quanto quello della traumatologia minore e della pediatria quotidiana, note palestre di addestramento per gli omeopati alle prime armi.

LA RIMOZIONE DELLE OTTURAZIONI IN AMALGAMA

E’ stato approntato un protocollo basato sui seguenti punti:

1 – RIMOZIONE SEQUENZIALE: Si effettua la ricerca del dente (e del quadrante) più reattivo tramite il rilevamento di correnti elettrogalvaniche e delle singole cariche elettriche (Huggins consiglia la rimozione dal dente a carica elettrica negativa più alta a seguire in successione verso quello con più bassa carica e poi dal dente a carica positiva più alta fino all’ultimo a carica più bassa). Tale ricerca può essere validamente supportata anche tramite i test di Kinesiologia Applicata.

2 – INDICAZIONI DIETETICHE: Eliminare il pesce (maggiore fonte di metilmercurio), la caffeina, i carboidrati raffinati; incrementare il consumo di frutta e verdura fresche e fibre in genere (per diminuire il tempo di trasporto intestinale), carbone attivato (che assorbe le tossine nel tratto intestinale): tutto ciò riduce il riassorbimento dei metalli tossici nell’intestino. Bere molto: 2-4 litri al giorno di acqua “viva” con bassi ph e residuo fisso. Consigliati gli alimenti biologici (pesticidi e diserbanti contengono metalli pesanti). Seguire comunque una alimentazione “alcalinizzante”, così da ridurre l’acidosi tissutale che è alla base dei fenomeni ossidativi e di formazione di radicali liberi

3 – RACCOMANDAZIONI IGIENICHE: Eliminare il fumo e i cibi troppo caldi e non masticare gomme (calore e abrasione aumentano il rilascio di Hg); particolare attenzione all’igiene orale, in quanto la flora batterica trasforma il mercurio inorganico in metil-mercurio, ancor più neurotossico; evitare altre esposizioni al mercurio (per es.: tinte per capelli, mascara, batterie, termometri, adesivi, solventi e vernici, insetticidi e pesticidi, luci al neon, manometri, farmaci quali mercurocromo e vaccini con thiomersal, soluzioni per lenti a contatto, tatuaggi, etc…); esercizio fisico e saune: la sudorazione favorisce la traspirazione e l’eliminazione dei metalli pesanti attraverso la cute; eventuale idrocolonterapia (una alla settimana durante il programma di bonifica o 24-48 ore dopo ogni rimozione) che consente una valida detossificazione.

4 – PROTEZIONE DEL PAZIENTE E DELL’OPERATORE: Apposita terapia di drenaggio omeopatico e/o omotossicologico per la “spremitura” della matrice mesenchimale, oltre che un supporto chelante ed antiossidante (specialmente Vitamina C, Vitamina E selenio, zinco) per via orale. La terapia drenante e di apporto supplementare va cominciata 2 settimane prima, e proseguita per 4-8 settimane dopo la rimozione. Nel caso di patologie particolarmente importanti, con sospetto o accertato riferimento alle otturazioni da rimuovere, si consiglia un’integrazione endovenosa antiossidante e di chelazione con flebo, che può essere composta da 500ml di fisiologica, vitamina C (da 5 a 30 grammi), glutatione, durante la seduta di rimozione. La Terapia Chelante in fleboclisi (EDTA) endovena va comunque effettuata, con il relativo protocollo, previa valutazione dei parametri clinici e biochimici e successiva misurazione dei valori escretori di mercurio e degli altri metalli pesanti (mineralogranna e test di chelazione).

5 – TUTELA MECCANICA DELL’OPERATORE: Abbigliamento possibilmente monouso, copricapo, occhiali e, soprattutto, l’utilizzo di maschera semifacciale munita di filtri specifici per i vapori di mercurio

6 – TUTELA MECCANICA DEL PAZIENTE: Copricapo, uso della diga di gomma, utilizzo di un efficace sistema aspirante, posizionato attorno al dnete e alla bocca del paziente; intubazione endonasale di aria pura (in bombola o da circuito centralizzato) oppure ossigeno nei casi in cui necessiti; protezione degli occhi con occhiali.

7 – PROTEZIONE DELL’AMBIENTE Sarebbe utile mantenere nello studio in cui si effettua la rimozione un’elevata umidità relativa e una temperatura sotto i 20,5 °C, (livello sopra il quale comincia la vaporizzazione del mercurio), con aria condizionata, così da non accentuare un fenomeno che già è presente alla temperatura corporea. In alternativa la stanza avrà le finestre aperte.

8 – PERIODICITA’ DELL’INTERVENTO: Le rimozioni vanno effettuate una ogni 4-6 settimane in quanto tale intervallo di tempo è quello necessario affinché la concentrazione di Hg nella saliva e nelle feci torni a valori almeno uguali a quelli precedenti alla rimozione stessa, sempre nell’ipotesi, improbabile, di una “contaminazione” determinata dall’atto di rimozione. Variazioni di questi tempi possono essere determinate in base all’assoluta assenza di sintomatologia da parte del paziente (anche dopo il test rappresentato dalla prima, cauta, rimozione dell’amalgama) e dalla semplicità dell’intervento: se non c’è contatto alcuno con l’amalgama si potrebbe procedere con la rimozione multipla nella stessa seduta (in particolare se viene eseguito il trattamento infusionale perioperatorio)

9 – TECNICA OPERATIVA: Garantire, associato al sistema aspirante periorale, la più efficace aspirazione endorale ad alta velocità, con una cannula a bocca larga su un terminale e, quando tecnicamente possibile, con un aspiratore pericoronale (clean-up) al posto dell’aspirasaliva, sull’altro terminale. La rimozione va effettuata con un moltiplicatore ad anello rosso (alta torque e basso regime rotatorio), con abbondante irrigazione fredda e con l’uso di una fresa a fessura sottilissima al carbonio di tungsteno che permetta il taglio sia dello smalto che dell’amalgama con eguale efficacia ed in tempi velocissimi. Tale fresa consente di non scaldare e nebulizzare l’amalgama nel caso fosse necessario venirne a contatto. L’atto demolitivo va effettuato cercando di “sgusciare” l’otturazione, tagliando lo smalto intorno ad essa, creando quasi un piano di clivaggio che ne permetta l’enucleazione senza fatica. Chiaramente è necessario sacrificare una parte di smalto e di dentina, nella convinzione che ciò sia il male minore: è preferibile toccare il meno possibile l’amalgama soprattutto nei casi di gravi patologie, nelle quali anche un ulteriore minimo rilascio di mercurio potrebbe essere molto dannoso. A questi livelli si deve intendere l’odontoiatria in termini tossicologici e non solo conservativi ed estetici. Si tratta di anticipare la preparazione “svasata” e conica che sarebbe in ogni caso necessaria per un intarsio o una otturazione in composito, eliminando il sottosquadro che invece caratterizzava la precedente preparazione per l’otturazione in amalgama. A questo punto si procede all’asportazione del blocco in toto, se possibile, o frammentato in grandi porzioni qualora sia stato necessario dividere, per opportunità clinica, l’otturazione stessa. Tale asportazione va eseguita con mini-leve dedicate o con un escavatore (di calibro variabile in base alla possibilità di inserimento) con il quale viene effettuata una ragionevole, prudente, azione di leva. Se la situazione lo richiede può essere utilizzato un estrattore per corone con il quale si “picchietta” delicatamente sul blocco da rimuovere dopo aver creato lo spazio necessario per l’inserimento dello strumento; allo stesso modo può essere utilizzato un martelletto pneumatico che permetta di “scalzare”, senza danneggiare la struttura dentale, la vecchia otturazione dalla sua sede. Sia che venga aspirato nel raccoglitore d’amalgama, sia che venga immediatamente recuperato, il vecchio manufatto andrà smaltito come rifiuto tossico-nocivo. Dopo aver ripulito con attenzione la cavità, si apporrà l’otturazione provvisoria (preferibilmente all’ossifosfato o compositi resinosi neutri), affinché eventuali detriti residuali non vengano intrappolati dall’immediata ricostruzione del dente. Se le condizioni cliniche lo consentono, in questa fase si può ultimare la preparazione e rilevare immediatamente le impronte per la preparazione degli intarsi. Questi ultimi dovranno essere eseguiti in materiali (ceramica o composito) bio-compatibili.

Al termine dell’operazione vengono sommistrate compresse di AR – CHELA (NAMED) al fine di effettuare una “chelazione”, biologicamente molto ben tollerata.

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